Capitolo 4 Qualita' dell’aria per chi lavora nelle grandi cucine.
4.1. Introduzione a salute, sicurezza e prevenzione nell’ambiente di lavoro.4.2. Efficacia delle misure preventive e protettive.
4.3. Relazione tra progetto e sicurezza: controllo dell’atmosfera negli ambienti di lavoro secondo i principi di igienistica industriale e medicina del lavoro.
4.4. Salute, sicurezza e prevenzione nelle grandi cucine.
4.4.1. Rischi e patologie per i lavoratori delle grandi cucine.
4.4.2. Rischi e problemi specifici legati alla qualità dell’aria.
4.4.2.1. Composti inquinanti da combustione e cottura.
4.1. Introduzione a salute, sicurezza e prevenzione nell’ambiente di lavoro.
Nella individuazione degli elementi di accettabilità dell’ambiente di lavoro occorre stabilire i limiti di ammissibilità nonché i fattori di benessere più indicativi del luogo produttivo in questione. Per esempio quelli più influenzabili attraverso l’impiantistica dell’aria nell’industria sono: temperatura, umidità, velocità dell’aria, polveri (eventualmente sotto forma di aerosoli), gas (e vapori).
E’ stato necessario individuare quali sono le malattie professionali e relazionate con l’ambiente di lavoro nonché analizzare la filosofia della indagine igienistica ambientale secondo le linee di medicina del lavoro.
4.2. Efficacia delle misure preventive e protettive.
Bisogna tenere presente che le impressioni sensoriali non consentono in genere di formulare valutazioni sulla presenza e sulla pericolosità di un inquinante in quanto talune sostanze gassose non vengono percepite anche in concentrazioni molto superiori ai limiti ammissibili.
Nel realizzare gli interventi di bonifica dagli inquinanti chimici, occorre fare attenzione a non pregiudicare altre condizioni ambientali. In particolare occorre evitare di:
- creare eccessive rumorosità, come avviene se non si esegue un dimensionamento appropriato delle bocche di immissione e di prelievo dell’aria con una scelta adeguata dei ventilatori ed una accurata installazione dell’intero impianto;
- creare eccessive correnti d’aria nei posti di lavoro, particolarmente nocive durante la stagione invernale per l’ingresso di aria fredda esterna, e tanto più pericolose se l’operatore è esposto ad intenso calore radiante;
- scaricare indiscriminatamente all’esterno l’inquinante captato nell’ambiente.
4.3. Relazione tra progetto e sicurezza: controllo dell’atmosfera negli ambienti di lavoro secondo i principi di igienistica industriale e medicina del lavoro.
Nella progettazione degli ambienti di lavoro, assume importanza fondamentale un efficace controllo delle condizioni ambientali (inquinamento dell’aria, climatizzazione, rumore, vibrazioni, illuminazione ecc.); occorre soprattutto garantire che i livelli degli eventuali inquinanti, sia chimici (polveri, gas, vapori, ecc.), sia fisici (rumore, temperatura, umidità, vibrazioni, radiazioni, ecc.) e le modalità di esposizione siano tali da non produrre danni permanenti alla salute dei lavoratori.
Mentre non è ammissibile che esigenze di produzione prevalgano sull’esigenza di tutelare la salute degli addetti alla produzione, non vanno tuttavia trascurati gli interventi atti a tutelare il “benessere” degli operatori, non essendovi motivo di non rendere più confortevole, ove possibile, lo svolgimento della loro attività.
Microclima
Si può definire microclima, il clima di un ambiente che raccoglie l’attività di vita o di lavoro di una o più persone. In particolare le condizioni di lavoro di una fabbrica possono variare notevolmente da posto a posto e da lavoratore a lavoratore; il microclima va perciò valutato per ogni singolo individuo o gruppi di individui.
Il ruolo del microclima nel settore dell’igiene del lavoro è di grande importanza infatti l’uomo può svolgere normalmente un’attività lavorativa solo attraverso il mantenimento dell’equilibrio termico (omeotermia), una condizione che si realizza attraverso l’attività di vari organi ed apparati.
Le sensazioni di disagio o di benessere che un soggetto può provare, dipendono da tutti i fattori che intervengono nell’organismo sul sistema termoregolatore costringendolo ad uno sforzo maggiore o minore per la conservazione dell’equilibrio termico.
Questi fattori sono:
· Fisiologici strettamente legati al metabolismo del soggetto e dall’entità del lavoro che svolge;
· Fisici cioè temperatura, velocità, umidità dell’aria e temperatura radiante.
La cucina, nella zona cottura, presenta caratteristiche intermedie tra l’ambiente termico definito “moderato”, cioè con variazioni dei parametri termoigrometrici modesti e attività svolte dagli addetti in genere abbastanza simili, e “severo caldo”, ovvero dove il sistema di termoregolazione è sottoposto a sforzo per mantenere l’omeotermia.
Nella zona depositi, invece, vi è situazione di passaggio da ambiente termico sostanzialmente moderato a “severo freddo” nelle celle frigorifere.
Per la valutazione di ambienti moderati si fa generalmente riferimento a due standard:
1) ANSI/ASHRAE 55-1992 (Thermal environmental conditions for human occupacy).
2) UNI EN ISO 7730 (1997) “Ambienti termici moderati. Determinazione degli indici PMV e PPD e specifiche per la condizione di benessere termico”.
Il primo standard utilizzava l’indice ET (Temperatura effettiva), poi sostituito con *ET (Nuova Temperatura Effettiva), mentre il secondo, basato sull’equazione del bilancio termico, abbina una valutazione di tipo analitico e una di tipo psicofisiologico (utilizzando il PMV e il PPD).
Per la valutazione di ambienti severi caldi la UNI EN 27243 “Ambienti caldi. Valutazione dello stress termico per l’uomo negli ambienti di lavoro”, indica il metodo WGBT.
La valutazione degli ambienti freddi la ISO TR 11079 propone l’indice IREQ.
Attività |
Valore |
Lavoro sedentario e lieve | 30°C TEC |
Lavoro moderato | 28°C TEC |
Lavoro pesante | 26°C TEC |
Per soggetti adattati i valori indicati possono essere aumentati di 2°C di TEC. |
Non è sufficiente dare il valore di TE o TEC come indice dei benessere termico anche quadto questo risponde a valori accettabili o ottimali, in quanto i risultati possono essere stati ottenuti con parametri di umidità relativa e di velocità dell’aria elevati. Si rende pertanto necessario considerare valevoli quei valori che rientrano nella norma igrometrica ad esempio in genere tra 40% e 60% di umidità relativa e che non siano stati ottenuti con velocità dell’aria eccessivamente alta.
Per analizzare le situazioni che appaiono più critiche è opportuno utilizzare più indici basati su modelli interpretativi diversi dello scambio termico.
Controllo delle condizioni termo-igrometriche
Si possono definire come accettabili per gli operatoti condizioni di temperatura che, alle umidità (relative od assolute) giudicate tecnologicamete indispensabili variano mediamente tra i 20-22°C ed i 27-28°C in funzione delle condizioni geografiche e climatiche esterne, della stagione e dei fattori umani e di quelli legati alla mansione.
La temperatura radiante assume grande rilevanza per le cucine che eseguono cotture alla piastra, fritture, ecc. mentre nei centri pasti il problema è ridotto in quanto si fanno poche cotture alla piastra, gli operatori sono molto mobili e i cuochi non sostano a lungo “sottocappa”.
Velocità dell’aria.
Essa non costituisce un parametro indipendente, poiché i limiti di accettabilità variano notevolmente con la temperatura dell’aria stessa e della sua umidità e delle condizioni relative del soggetto esposto, fino ad essere addirittura considerato un elemento piacevole in certe condizioni. Limiti esatti di velocità risultano difficilmente definibili: si ritiene accettabile una velocità nell’ambiente di 0,15 m/s.
Per quanto riguarda gli aspetti impiantistici, la velocità di lancio, la disposizione dei canali e delle bocchette di mandata, delle griglie di ripresa, ecc., devono essere studiate in modo tale che, pur garantendo l’asportazione degli inquinanti, le condizioni dell’aria per velocità, temperatura ed umidità non risultino fastidiose secondo i normali criteri di valutazione (cioè non molto dissimili da quelle medie ambientali) nelle zone di stazionamento e di passaggio degli operatori. Per attività sedentarie la velocità dell’aria ai fini del comfort deve essere compresa tra 0,05 e 0,16 m/s (con temperatura ambiente tra 20 e 26°C e Tu tra 0% e 70%).
Il problema del rumore.
L’esposizione a rumore, a seconda dell’intensità e della durata, può provocare fastidi, disturbi o veri e propri danni alla salute.
I danni possono essere distinti in:
- danni uditivi: sull’organo dell’udito.
- danni extrauditivi: su altri organi.
Sistemi interessati | Conseguenze |
Cardiovascolare | Aumento della frequenza cardiaca Aumento della pressione arteriosa Aumento dei segni di danno all’E.C.G. nei cardiopatici |
Respiratorio | Aumento della frequenza del respiro |
Digerente | Aumento della secrezione gastrica Aumento della motilità intestinale |
Endocrino | Variazioni nella funzionalità di ipofisi, tiroide e surreni |
Visivo | Variazione della capacità visiva e nella percezione dei colori |
Neuro-psichico | Disturbi del sonno Ridotta capacità di attenzione e concentrazione Ansia, stato di irritazione Affaticamento Riduzione del rendimento lavorativo |
Livello | Effetto |
0-35dB | Nessuno |
35-55dB | Fastidio nel sonno |
55-70dB | Conversazione difficoltosa, difficile percezione delle comunicazioni telefoniche, difficoltà nell’esecuzione di lavori di precisione, disturbi della concentrazione nelle mansioni intellettuali, iniziali disturbi neurovegetativi (“sindrome generale da rumore”) |
70-85dB | Fastidio, irritabilità, cefalea, facile affaticamento, calo della concentrazione e disturbi neurovegetativi |
85*-120dB | Aggravamento dei disturbi precedenti e danni uditivi cronici |
120-130dB | Superamento della soglia del dolore.Trauma acustico acuto (rottura del timpano) |
(*) per quel che riguarda gli effetti uditivi, ci si riferisce ad una esposizione di 8 ore lavorative, per 5 giorni alla settimana.
La valutazione dell’esposizione al rumore
Il D.L.227/91 impone la “valutazione” della rumorosità presente in azienda.
Sequenza degli interventi preventivi sulla sorgente del rumore:
- Sostituzione delle macchine rumorose con altre più silenziose.
- Modifica del ciclo produttivo.
- Interventi sulla macchina.
- Allontanamento della fonte di rumore.
- Isolamento della macchina.
4.4. Salute, sicurezza e prevenzione nelle grandi cucine.
La sicurezza e la prevenzione nelle cucine sono spesso sottovalutate forse a causa dell’atteggiamento di bonaria confidenza con cui si affrontano questi ambienti e nella errata sottovalutazione dei pericoli presenti. Al contrario questi luoghi di lavoro devono essere trattati con la stessa attenzione e la rigorosa applicazione delle norme che si usano per i vari tipi di industrie.
Anche per le cucine lo schema logico da seguire è il seguente: Rischio – Danni – Soluzioni – Effetti residuali – Monitoraggio degli effetti residuali.
4.4.1. Rischi e patologie per i lavoratori delle grandi cucine.
(*) per quel che riguarda gli effetti uditivi, ci si riferisce ad una esposizione di 8 ore lavorative, per 5 giorni alla settimana.
La valutazione dell’esposizione al rumore
Il D.L.227/91 impone la “valutazione” della rumorosità presente in azienda.
Sequenza degli interventi preventivi sulla sorgente del rumore:
- Sostituzione delle macchine rumorose con altre più silenziose.
- Modifica del ciclo produttivo.
- Interventi sulla macchina.
- Allontanamento della fonte di rumore.
- Isolamento della macchina.
4.4. Salute, sicurezza e prevenzione nelle grandi cucine.
La sicurezza e la prevenzione nelle cucine sono spesso sottovalutate forse a causa dell’atteggiamento di bonaria confidenza con cui si affrontano questi ambienti e nella errata sottovalutazione dei pericoli presenti. Al contrario questi luoghi di lavoro devono essere trattati con la stessa attenzione e la rigorosa applicazione delle norme che si usano per i vari tipi di industrie.
Anche per le cucine lo schema logico da seguire è il seguente: Rischio – Danni – Soluzioni – Effetti residuali – Monitoraggio degli effetti residuali.
4.4.1. Rischi e patologie per i lavoratori delle grandi cucine.
Sicurezza.
La cucina presenta rischi da non sottovalutare. In primo luogo, naturalmente, quello di incendio. Per questo oltre una certa potenzialità termica (100000 kcal/h) è necessario il Certificato di Prevenzione Incendi ed inoltre:
- E’ necessario controllare lo stato dei tubi del gas;
- La friggitrice dovrebbe preferibilmente essere elettrica, e circondata da un bacino di contenimento con volume maggiore di quello dell’olio contenuto, per evitare che in caso di incendio l’olio uscito diffonda il fuoco in tutto l’ambiente;
- Vari estintori devono sempre essere disponibili.
La tipologia dei rischi più frequenti nel settore delle cucine per la ristorazione collettiva comprende:
· Lesioni agli arti superiori (ferite da taglio).
· Ustioni per contatto con parti calde di impianti, liquidi ad alta temperatura, schizzi, getti.
· Lesioni dell’apparato muscolo scheletrico da movimentazione manuale dei carichi pesanti e/o disagevoli, da posture incongrue.
· Lesioni per cadute su pavimenti scivolosi.
· Lesioni da elettrocuzione dovuta all’uso di utensili e impianti elettrici.
· Lesioni, contusioni dovute alla caduta di contenitori, confezioni da scaffali, ecc.
· Rischi legati all’uso di apparecchiature a gas.
Tra le soluzioni e i provvedimenti di prevenzione ricordiamo in particolare di dotare la cucina di idonei ausili (ad esempio macchinari automatici) per la pulizia dei pavimenti e la presenza di sistemi di aspirazione.
E’ necessaria l’attenzione ai rischi di ustione chimica per contatto accidentale con schizzi di sostanze corrosive per la pulizia di forni, piani cottura, ecc.
Igiene del lavoro.
Rischio posturale
- Posizione in piedi per tempi prolungati.
- Posizione di lavoro inadeguate per uso di attrezzature non ergonomiche (altezze dei piani di lavoro, presenza di ingombri, carenza di spazio nelle cucine).
- Movimentazione manuale dei carichi.
- Movimentazione manuale di merci varie, cassette di frutta, verdura ecc.
Rischio microclimatico
- Esposizione a sbalzi termici nel passaggio da basse ad alte temperature, (passaggi da zona cotture a celle frigorifere).
- Esposizione a umidità dell’aria più alta del valore ottimale (vapori dovuti alle bolliture, forni a vapore, funzionamento di lavastoviglie, lavaggio verdure).
- Correnti d’aria e dannose, con esposizione a getti d’aria ecc.
- Calore radiante eccessivo nelle vicinanze delle macchine di cottura (specialmente quelle a fiamma libera, le friggitrici e le piastre).
- Le grandi celle frigorifere presentano oltre al rischio igienico legato agli sbalzi di temperatura, il rischio infortunistico per chi dovesse rimanere chiuso dentro.
Rischio chimico
- Eventuale comparsa di dermatiti dovute all’uso di detergenti disinfettanti per la manutenzione igienica di locali e attrezzature.
- Rischio di inalazione di vapori pericolosi (es. miscele accidentali di detergenti).
Rumore (pubblico, attrezzature rumorose, sgombero tavoli); Il limite di livello sonoro per le cucine è di 50 dB.
Esposizione al fumo passivo.
Esposizione ad agenti biologici (muffe, contatto con il pubblico, ecc.).
Tra i disturbi e le patologie per i lavoratori delle cucine connesse alla qualità dell’aria ed al microclima vi sono:
- Insufficienza venosa agli arti inferiori.
- Patologie della colonna vertebrale (lombartrosi, ecc.) e degli arti superiori (epicondiliti) da movimentazione carichi, movimenti ripetitivi, microclima umido.
- Aumento rischio di malattie respiratorie da raffreddamento: bronchiti, raffreddori.
- Possibili dermatiti o allergie per contatto con sostanze detergenti e disinfettanti.
Tra le soluzioni e i provvedimenti di prevenzione ricordiamo in particolare:
- Prevedere un’adeguata ventilazione generale.
- Adottare sistemi per evitare correnti d’aria.
- Acquisire le schede di sicurezza dei prodotti utilizzati per la pulizia e la disinfezione delle attrezzature e dei locali.
- Installare idonee cappe di aspirazione sopra i piani di cottura e friggitura al fine di ottenere aspirazione localizzata.
4.4.2. Rischi e problemi specifici legati alla qualità dell’aria.
Non sono previsti valori limite o di riferimento per gli inquinanti da cottura e per l’emissione di grassi. Si possono impiegare come riferimenti il vapore acqueo e il confronto con range di benessere.
Oltre al problema delle alte temperature radianti e dell’aria nell’ambiente, c’è quello del passaggio alle celle e alla permanenza nelle stesse. Tutto questo aggrava le conseguenze delle due caratteristiche microclimatiche estreme in quanto costringe i lavoratori a subire il passaggio repentino dalle alte alle basse temperature e spesso, per la fretta e la disattenzione, senza utilizzare abbigliamento protettivo e senza fare una sosta di adattamento a clima intermedio.
4.4.2.1. Composti inquinanti da combustione e cottura.
Le operazioni di cottura dei cibi sono una fonte importante di composti organici nell’atmosfera. Queste emissioni complesse e multi-componenti, contengono anche composti irritanti e nocivi.
Tra questi ci sono gli idrocarburi policiclici aromatici (PAH), alcuni probabili, altri sicuri cancerogeni, che si formano principalmente dai grassi ad alte temperature, soprattutto durante la cottura di carne e pesce alla griglia, per frittura o affumicatura. Tra questi PAH il benzo(a)pirene ed il dibenzo(a,h)antracene, trovati nei fumi provenienti dagli oli di frittura, sono sicuri cancerogeni.
Appare quindi chiaro che il processo di cottura/pirolisi dei cibi porta anche alla produzione di PAH e perciò l’eliminazione di tali inquinanti rappresenta un passo importante nei processi di riduzione del rischio cancerogeno per la comunità.
E’ evidente la necessità di dotare le cucine industriali di opportune apparecchiature per l’abbattimento di queste sostanze inquinanti tossiche e non solo ai fini della risoluzione del problema organolettico degli effluenti odorosi (problema non trascurabile, visto l’inserimento degli esercizi, quali fast food, ecc., in contesti urbani non sempre ideali).
Non bisogna dimenticare le dannose emissioni delle apparecchiature da cucina a fiamma libera alimentate a gas.
TORNA AL SOMMARIO
CAPITOLO SUCCESSIVO